SORELLE FONTANA, LE AMBASCIATRICI DEL MADE IN ITALY

Posted on Luglio 2, 2015

Le Sorelle Fontana furono le prime a dare un vero impulso alla moda Italiana rendendo il made in Italy famoso in tutto il mondo.

L’Atelier Sorelle Fontana fu fondato nel 1943 da tre sorelle originarie di Traversetolo, un piccolo comune della provincia di Parma: Zoe, era la prima, Micol la secondogenita e a seguire Giovanna. Seguendo la tradizione familiare, le tre sorelle apprendeno l’arte sartoriale dalla madre.  Come in tutte le fiabe, il caso giocò la sua parte nella storia delle Fontana: Zoe la maggiore delle sorelle, sposatasi e dopo un poco fortunato soggiorno parigino, decise di lasciare il piccolo paese per tentare la fortuna in una grande città. Indecisa se dirigersi verso nord o sud scelse di prendere il primo treno che fosse partito dalla stazione: quel treno era diretto a Roma! Appena trasferitasi, la maggiore delle sorelle cominciò a lavorare presso la sartoria Zecca; dopo poco fu raggiunta dalle due sorelle minori che andarono ad abitare insieme alla sorella e al cognato. In questo i genitori dimostrarono una non comune disponibilità per l’epoca, che giocò un ruolo fondamentale nelle sorti delle tre sorelle. I primi tempi le sorelle lavorarono in maniera indipendente cercando di affermarsi nella grande città; durante la guerra, grazie al riscontro che il loro lavoro aveva presso le clienti delle sartorie per cui lavoravano, fondarono il loro primo atelier. Gli inizi furono difficili ma a sostenerle ebbero una cliente importante, Giulia Marconi, la figlia dello scienziato, che le scelte come sue sarte di fiducia e portò in atelier una serie di clienti prestigiose. A supportarle di nuovo accorsero i genitori, che lasciarono Traversetolo chiudendo l’antica sartoria materna, e si trasferirono nella campagna in provincia di Roma. I prodotti dell’orto di famiglia furono preziosi durante l’Occupazione, sia come fonte di sostentamento in un periodo di penuria di cibo e sia quale merce di scambio per l’acquisto di stoffe e arredamenti per l’Atelier. Il vero successo arrivò però con la fine della Guerra. In sartoria, oltre alla clientela tradizionale alto-borghese arrivò il mondo del cinema. Roma viveva la fortunata stagione del Neo-realismo, il lancio di Cinecittà e l’arrivo di registi e dei divi americani. La città, rimasta assopita per lungo tempo cominciò a movimentarsi. Mirna Loy, la famosa attrice di Hollywood, nel 1948 commissiona alle Sorelle Fontana l’intero guardaroba per il film Il caso di Lady Brook. La sartoria comincia così a essere tenuta d’occhio dal mercato americano, Micol decide di partire per una lunga serie di viaggi negli Stati Uniti per propagandare la loro moda.

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La grande svolta arriva però in casa, quando l’attrice americana Linda Christian chiede loro di confezionare l’abito da sposa per il suo matrimonio col celebre attore Tyrone Power: un evento mediatico di portata straordinaria per l’epoca. L’atelier confeziona per la sposa un abito con uno strascico di oltre cinque metri, sotto lo strascico e le decine di metri di tulle riesce addirittura a nascondersi un paparazzo eludendo l’esclusiva concessa a una rivista: la foto dell’abito finisce sulla copertina di Life.

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La principessa Maria Pia di Savoia a sua volta vestirà un abito delle sorelle Fontana per il suo matrimonio, ma sarà soprattutto il mercato del cinema a voler vestire Fontana: Mirna Loy, Barbara Stanwich, Michelle Morgan, Liz Taylor, Audrey Hepburn.

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La più assidua cliente fu Ava Gardner. Le sorelle Fontana confezionarono una serie di abiti che l’attrice indossò in suoi numerosi film, come La Contessa scalza.

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Le sorelle Fontana padroneggiavano l’arte delle pubbliche relazioni, ma seppero lanciare un loro stile, fatto del prezioso lavoro artigianale della loro sartoria, basato sulle idee e i figurini dei vari disegnatori che in quel periodo “servivano” le sartorie romane.

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La loro linea era quasi rinascimentale, con corpini attillati, vita stretta e gonne ampie e morbide, ricche di tessuti di alta qualità. La loro maestria stava soprattutto nel drappeggio e nel ricamo: ghirigori, infinite e labirintiche fantasie di perline furono la loro fortuna. Erano sacerdotesse del gusto consacrate alla religione del lavoro, se arrivava una commissione per un abito per una serata il giorno successivo, si restava in piedi a lavorare anche tutta la notte, non si poteva dire no.

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Maggiore era il successo e più cresceva la domanda, l’Atelier s’ingrandì ancora e le sorelle crearono la griffe “SF”. In quei tempi non esisteva una vera e propria pubblicità di moda, e le tre sorelle con geniale intuizione lanciarono le “mannequins de sociète”, facendosi rèclame attraverso signore molto in vista cui davano i loro abiti da indossare ai ricevimenti mondani più importanti. Furono costumiste per film famosi restati nella storia del cinema come La Dolce Vita, in cui vestirono la splendida Anita Ekberg, e disegnarono le divise per le Hostess dell’Alitalia.

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Oltre che di rilevanza per le note di costume e mondanità le sorelle Fontana furono le fautrici dell’emancipazione dell’Alta Moda italiana da quella francese, e di un primo impulso allo sviluppo di uno dei settori importanti per l’economia nazionale. Inaugurarono nel 1955 la loro prima boutique, dove vendevano copie semplificate e in taglia dei loro rinomati capi d’Alta Moda; nel 1960 su richiesta dei grandi magazzini americani svilupparono una produzione di prèt-a-porter, ampliando ulteriormente la loro base di vendita. Nel 1966 inaugurarono lo stabilimento di Cecchina, vicino a Roma in cui producevano il loro prèt-a-porter, senza intermediari.

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Il successo dell’Atelier Fontana seguì il ritmo del boom economico del paese, la gloriosa attività della loro sartoria fruttò riconoscimenti e onorificenze, oltre che a manifestazioni celebrative sulla moda italiana e a prestigiose mostre, sia antologiche sia collettive nei più importanti Musei Italiani ed esteri.

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