PLISSE’, TRA STORIA E AVANGUARDIA

Posted on Giugno 5, 2024

Il plissé è una delle tecniche più affascinanti e insieme più antiche nel mondo della Moda, un metodo di pieghettatura del tessuto che crea infiniti effetti ad un tempo cinetici quanto eleganti. Questa tecnica consiste essenzialmente nell’imprimere al tessuto una piega permanente attraverso il calore e la pressatura.

Essenzialmente esistono due tipi di effetti da cui derivano infiniti altri: quella a cordeon, o fisarmonica, e il plissé soleil, a raggiera. Da queste due basi sono poi state sviluppate infinite varietà di pieghettature che trasformano la superfice del tessuto da piatta a tridimensionale a guisa di un origami, la tecnica di scultura con carta giapponese fatta solo di sapienti pieghe e senza alcun taglio. Per realizzare le plissettature  il tessuto è inserito in un foglio di carta rigida pieghettato, che viene legato in modo che resti ben serrato  e  poi inserito in apposite stufe dove  il calore imprime le pieghe in modo definitivo. Ogni carta pieghettata ha un suo motivo di pieghe e funziona da matrice.

Le radici del plissé affondano nella notte dei tempi, ma furono gli antichi Egizi a perfezionare questa tecnica per decorare i loro indumenti. Le vesti plissettate erano un simbolo di status e potere, spesso realizzate in lino fine e indossate da faraoni e nobiltà. Le statue ci restituiscono le loro immagini sinuosamente avvolte da vesti sottili con infinite piegoline ad accentuarne l’effetto ieratico e sensuale.

Nell’antica Grecia e a Roma, ritroviamo il plissé nelle tuniche e nei pepli di statue di divinità e nelle rappresentazioni delle figure dei miti antichi di vasi Attici, la tecnica di plissettatura era apprezzato per la sua capacità di conferire movimento ai tessuti e donare austerità ed eleganza. Gli stessi abiti che i pittori Preraffaelliti hanno rappresentato nelle loro nostalgiche opere con dovizia e precisione di dettagli.

Nel corso dei secoli, il plissé è stato utilizzato via via in vari modi. Tuttavia, è stato nel XIX e XX secolo che ha visto una rinascita e una trasformazione significativa, anche grazie alle sopraggiunte nuove tecniche di lavorazione dei tessuti. Diversi stilisti hanno reinterpretato il plissé, ognuno portando una nuova visione e innovazione alla tecnica e impiegandolo secondo una visione personale. Il plissé rappresenta una tecnica senza tempo che ha continuato a ispirare e affascinare. Dalle antiche civiltà sino ai moderni atelier di moda, ha attraversato epoche e stili, adattandosi e reinventandosi.

La capacità del tessuto plissettato di conferire eleganza e dinamismo lo rende un elemento prezioso nel design di abiti e accessori, testimoniando l’arte e la maestria dei suoi creatori.

Uno dei pionieri del plissé nel XX secolo è stato lo stilista spagnolo Mariano Fortuny. Nel 1909, Fortuny, artista poliedrico e protagonista della Belle Époque, brevettò il suo famoso “Delphos gown“, un abito in seta plissettata ispirato ai pepli dell’antica Grecia. La sua tecnica di plissettatura permanente rimane un segreto ben custodito, ma il suo lavoro ha avuto un impatto duraturo nel mondo della moda. Le grandi dive del teatro e del cinema muto sceglievano i suoi abiti quale emblema di raffinata eleganza e simbolo di un’avanguardistica visione di modernità.

I suoi abiti scanalati da miriadi di piegoline, realizzati in sete lucide dagli straordinari colori,  rubati ai fiori e alla natura, decorati da perline in vetro agli orli e ai bordi, scivolavano sui loro corpi sottolineandoli audacemente e donandogli una libertà di movimento fin ad allora totalmente dimenticata. Una volta dismessi questi magnifici abiti diventavano poco più che delle strisce di tessuto che, strettamente pieghettati, venivano facilmente riposti e trasportati in cappelliere e scatole di velluto.

Questo concetto di abito, estremamente pratico, e al tempo stesso ricercato, vedrà una fortuna che durerà nel tempo, giungendo sino alle avanguardie contemporanee. Una delle prime designer a riproporre l’abito “torchon” sarà Nanni Strada, stilista poco conosciuta ai più ma che ha rappresentato una realtà rimarchevole nello sviluppo della moda quale oggetto di design. Numerose le innovazioni apportate dalla stilista, profonda conoscitrice di tecniche di lavorazione industriali e dal gusto contemporaneo, ma tra queste sicuramente sono appunto i suoi abiti plissettati quelli di maggior successo. Nanni strada non plissetta solo gli abiti scivolati come Fortuny, ma impiega questa tecnica su varie tipologie di capi: nascono giacche, gonne, bluse da trasportare in pratici sacchetti per poi essere  indossati all’occorrenza, così come nuove forme di pieghe a imitazione di cortecce, squame, geometrie infinite.

Un anno appena dopo il lancio della linea plissé di Nanni Strada, sarà però uno stilista giapponese che raccoglierà il testimone di Mariano Fortuny e legherà il suo nome indissolubilmente a tale tecnica di lavorazione: Issey Miyake.

Designer tra i più noti nel panorama contemporaneo, Issey Miyake, rivoluziona l’uso del plissé con la sua linea “Pleats Please“, sviluppando una tecnica di plissettatura innovativa, che permette al tessuto di mantenere la forma plissettata anche dopo essere stato lavato. Questo approccio ha reso il plissé non solo esteticamente ancora più affascinante, ma anche pratico e versatile. Il tessuto impiegato stavolta non è naturale ma di poliestere, così che la pressatura a caldo resti indelebilmente e i capi sono plissettati dopo essere stati confezionati così da creare forme nuove che, partendo da tagli geometrici di base, una volta indossati creano volumi e forme inedite, a metà tra il gioco e l’abbigliamento.

Il plissé, con le sue pieghe regolari e profonde, permette di conferire al tessuto una struttura tridimensionale, richiamando le forme armoniose e i drappeggi tipici dell’arte e dell’architettura antica. Riporta immediatamente alla mente le colonne scanalate dei templi greci e le pieghe morbide delle tuniche delle sculture antiche. Questo rende lo una scelta ideale per gli stilisti che desiderano richiamare l’eleganza classica e la maestosità della Grecia antica.

Tra gli stilisti che maggiormente si distinguono per tale approccio spicca Madame Grès. Attiva principalmente dagli anni Trenta agli anni Ottanta del XX secolo, utilizza il plissé per creare abiti che sembrano scolpiti sul corpo. Le sue creazioni, spesso realizzate in jersey di seta, erano drappeggiate e pieghettate in modo tale da ricordare le colonne doriche e i panneggi delle statue greche. Madame Grès era nota per la sua abilità nel trasformare il tessuto in una seconda pelle, modellando pieghe e drappeggi con una precisione quasi architettonica.

Via via negli anni parecchi designer hanno seguito le sue orme ed hanno ricercato nei loro abiti un simile effetto classico e statuario. Sicuramente Valentino è da annoverare tra questi, i suoi abiti rientrano tra quelli che possiamo definire abiti classici, e sicuramente non innovativi, ma carichi di una raffinatezza ed eleganza ineguagliabile: gonne scivolate, corpini incrociati, maniche suntuose sono state realizzate con tessuti plissettati, lavorati con le preziose tecniche e virtuosismi della Haute Couture, di cui è stato maestro indiscusso, spesso proprio nel color bianco del marmo.

Particolari due abiti dei primi anni Novanta in cui realizza gonne pareo plissettate, in cui il virtuosismo estremo della lavorazione riesce a “educare” e guidare la strabordante quantità di tessuto con un effetto di grande impatto e ricercatezza.

Persino uno stilista minimal e dal gusto contemporaneo come Halston perseguì questa strada di eleganza pura creando abiti scollati e mantelle leggere da drappeggiare come Chitoni nelle folli notti newyorkesi. Non è da meno Gianni Versace  che nell’abito da diva alterna ricamo e inserti di plissè a slanciare  la figura e darle un’aura di sofisticata ricercatezza.

Da menzionare, in questa ricerca nostalgica dell’eleganza propria della statuaria classica è l’abito “Palladio”, disegnato da Gianfranco Ferrè per Christian Dior, dove il corpino diviene un capitello chiudendo così il cerchio tra citazionismo ed effetto scenografico. Gli abiti plissettati evocano così l’immagine delle divinità greche, potenti e maestose, e delle colonne che sostenevano i templi, simboli di stabilità e perfezione, catturando l’essenza dell’antica Grecia, trasformando il tessuto in un mezzo per raccontare storie di eleganza, forza e bellezza eterna.

Il tessuto attraverso la tecnica di plissettatura acquista dunque un particolare valore evocativo, arricchendosi di tridimensionalità e chiaroscuri, la superfice si muove e crea nuovi giochi di luce oltre che di movimento. Questo avviene, in particolare, quando ad essere plissettati sono poi tessuti che per loro natura già offrono particolari effetti luminosi e cromatici come il lamé. Il lamé è un tessuto caratterizzato dalla presenza di fili metallici intrecciati, solitamente in oro o argento, che gli conferiscono un aspetto lucente e scintillante. Questo materiale è stato a lungo associato al glamour e alla raffinatezza, spesso utilizzato per creare abiti destinati a occasioni speciali e cerimonie. Attraverso la plissettatura si aggiunge una dimensione extra al tessuto, conferendogli un movimento dinamico e accentuandone i giochi di luce. La combinazione del lamé con la plissettatura esalta le qualità riflettenti del materiale, creando un effetto cangiante col movimento del corpo. Gli abiti da dive realizzati con tessuti lamé plissettati sono diventati simbolo di eleganza e spettacolarità. Emblematici l’abito di Madeleine Vionnet immortalato da Man Ray e quelli indossati da icone del cinema come Marilyn Monroe, con il suo famoso abito dorato, o Cher negli anni ’70 che, con le loro cascate di tessuto metallico, trasformavano la donna da statua divina a vero e proprio idolo di luce.

Su questa scia si innestano gli abiti di Mugler e di Versace con i loro suntuosi e sinuosi tripudi di tessuto lamé plissettato. Negli anni Ottanta Mariuccia Mandelli, in arte Krizia, si spinge oltre e disegna abiti che nella loro ardita costruzione ricordano il Chrysler Buildings, il grattacielo newyorkese simbolo dell’Art Decò.

La tecnica di plissettatura offre l’opportunità di impiegare notevoli quantità di tessuto senza che queste ingrossino o ingoffino la figura. Per Christian Dior, con le sue iconiche gonne plissettate negli anni Cinquanta, rappresentava l’opportunità di dare movimento e la possibilità di impiegare infinite quantità di tessuto nella creazione delle sue gonne a corolla. Sappiamo che proprio utilizzare tanto tessuto era uno dei diktat cui la sua moda rispondeva, come reazione al razionamento imposto dalla guerra al fine di rilanciare l’industria dei tessuti francesi.

Gli anni Cinquanta vedranno trionfare il plissé sia per gli abiti che per le sottogonne di tulle che li sostenevano, creando scenografici effetti e donando volume e dinamicità ai capi: come dimenticare l’abito bianco di plissé indossato da Marilyn Monroe nel film “Quando la moglie è in vacanza”?! Al passaggio della metropolitana lo sbuffo di aria proveniente dalla Subway fa esplodere la gonna che fluttua nell’aria e lascia scoperte le gambe della icona sexy per eccellenza. Si è perso il conto delle copie dell’abito disegnato per la diva hollywoodiana da William Travilla vendute all’epoca, e via via riproposto nel tempo in molteplici varianti.

Il plissé è dunque tra le tecniche maggiormente utilizzate nella moda per la sua capacità di dare movimento e vita ai tessuti. Volumi fluttuanti e tagli geometrici trovano in questa tecnica il connubio ideale per realizzare capi nuovi e ricercati. Pierre Cardin, stilista francese di origini italiane e maestro nel taglio e nella costruzione dei capi, fa di questa applicazione uno dei suoi temi più caratteristici. Plissetta tanto le lane leggere quanto i tessuti di seta, irrigidisce gli orli o li lascia cadere morbidi, così che nel movimento i suoi capi sembrino dei “meccanismi” scherzosi o piuttosto dei fiori alieni, e le modelle che li indossano ieratiche figure di mondi lontani, ultra-siderali. In tutto l’arco della sua carriera, dalle prime sperimentazioni degli anni Sessanta agli anni Novanta continuerà nella ricerca di nuovi volumi e soluzioni attraverso la plissettatura del tessuto applicato a tagli innovativi.

Questa del movimento è una delle caratteristiche maggiormente apprezzate nel plissé, che assecondando il taglio svasato degli abiti, lo arricchisce di una geometria cinetica che gli è caratteristica, in particolare negli abiti cui è applicato il plissé soleil, a raggiera. Al minimo movimento della modella si aprono vere e proprie esplosioni di tessuto.

Ma non sempre il tessuto plissettato è lasciato libero, talvolta è stato adottato solo come tecnica per arricchirne la texture, come nella blusa di Romeo Gigli  che plissetta  anche  i tessuti con cui crea  i suoi drappeggi orientaleggianti. In alcuni abiti il tessuto plissettato è poggiato su di una base rigida, che lo sostiene, o il cui fondo è adesivato al fine di bloccarlo affinché non si apra. Ecco allora che le infinite piegoline restano ferme, rigide e si offrono alla luce rifrangendola o in contrasti di luce e ombra. Tal altra le pieghe sono aperte, distese a ventaglio a sottolineare il volume del capo, magari inerpicandosi in volute  lungo le maniche  come  nell’abito rosso di Valentino.

Tale impiego ha trovato molto spazio nei designer d’avanguardia, o in quelli che comunque hanno spinto la loro ricerca oltre le consuetudini, creando effetti che richiamano mondi insoliti e atmosfere lontane da quelle usuali. Roberto Capucci, nella realizzazione delle sue forme scultoree più volte ha montato i suoi taffettà cangianti plissettati in volute barocche, in rigide forme a scatola o addirittura con un andamento che va dal basso verso l’alto, come il suo celebre abito “Fuoco”.

Gianni Versace negli anni Novanta, quando comincia la sua avventura nell’Alta Moda, realizza una serie di capi, abiti, gonne e giacche arricchendole con il tessuto plissettato aperto, lasciando che le nervature delle pieghe sottolineassero la linea dei suoi modelli con un effetto di prezioso dinamismo.

Nella sua ricerca di tagli nuovi e di forme pure e geometriche Fausto Sarli impiegava il plissé per dare corpo e struttura: le organze rigide e il Mikado di seta plissettati si trasformavano con la sua maestria in semicerchi e in ventagli.

In questa ricerca di forme nuove i designer hanno spesso sconfinato nella biologia, ammiccando a fantasiosi mondi marini, o a forme proto-cellulari come gli abiti di Iris Van Harpen, la designer contemporanea che ha saputo proiettare l’Haute Couture nell’Avanguardia senza tradire lo spirito di entrambe.

L’uso di tessuti plissettati per la realizzazione di abiti ha rappresentato da sempre una fusione affascinante tra tecnica sartoriale e creatività artistica. Questo materiale continua a essere scelto per il suo impatto visivo e la sua capacità di trasformare gli abiti. L’uso del plissé nella moda non è solo una scelta estetica, ma anche simbolica. Le pieghe regolari e il movimento fluido del tessuto possono rappresentare una connessione con il passato, richiamando l’ideale greco di bellezza e armonia, quanto una proiezione nel futuro per la sua capacità di creare forme nuove ed inaspettate.

 

Leave a Reply