HALSTON, MINIMALISMO E DISCO GLAM
Halston è lo stilista dei capi più iconici degli anni Settanta. Figura centrale della night life newyorkese, in particolare dello straordinario mondo che gravitava intorno alla discoteca Studio 54, bello come un attore fu tanto famoso da divenire egli stesso un’icona di stile la cui influenza andava oltre il mondo della moda. Ancora oggi il suo nome evoca il glamour della disco glam fine anni Settanta: provocante, ostentato, sexy ma lineare e sofisticato, la quintessenza dello chic americano. Antesignano del gusto minimalista, la stampa di moda del tempo lo accostava, e contrapponeva, a Yves Saint Laurent che nello stesso periodo imponeva il suo stile couture, nuovo ma pur sempre opulento. La sua immagine minimal, lussuosa e sexy influenzerà le future generazioni di stilisti americani come Calvin Klein, Donna Karan, Narciso Rodriguez e Tom Ford. Lo stilista texano s’ispirerà a Halston nel ricreare, negli anni in cui disegna Gucci, uno stile edonista e pieno di charme: uno dei primi must che disegna per il marchio toscano è un paio di mocassini da uomo in vernice rossa, indossati sotto un total look nero, gli stessi che vediamo calzati da Halston in alcune sue celebri foto.
Halston Roy Halston Frowick nasce a DesMoines, Iowa, nel 1932, già da ragazzo ama modificare e disegnare gli abiti della madre e della sorella. Studia presso l’Università dell’Indiana per poi passare all’Institute of Art di Chicago. Mentre frequenta i corsi serali d’arte, lavora come merchandiser moda nei grandi magazzini del lusso Carson Pirie Scott. Determinante per la sua carriera, e la sua vita, è l’incontro con André Basilio, famoso parrucchiere il cui salone all’Hotel Ambassador era frequentato dalla migliore clientela. André resta colpito da Halston, con cui avvia una relazione, ma anche dai suoi lavori: cappelli, turbanti e cappucci decorati con ogni sorta di gioielli, frange e fiori. Gli offre la possibilità di presentarli nel suo salone e, quando si trasferisce in uno spazio più grande in North Michigan Avenue, divide metà dello spazio con Halston. Nel 1959 la relazione finisce e Halston si trasferisce a New York, la città che gli darà la fama. Qui comincia a collaborare come modista con Lily Dache, allora famosissima. Nel giro di un anno ne diviene co-designer, per poi passare come capo modista ai magazzini Bergdorf Goodman, i rivenditori del lusso con la migliore clientela di New York. Qui comincia a costruire una serie di relazioni e amicizie con le clienti celebri, un tratto costante nella carriera di Halston, il cui motto diviene: “You’re only as good as the people you dress” . Una di queste clienti lo lancia nell’empireo dei grandi stilisti: Jacqueline Kennedy indossa il suo “pillbox hat”, un piccolo cappellino a tamburello, alla cerimonia d’insediamento alla presidenza del marito nel 1961! Dai cappelli, nel 1966, Halston passa a disegnare abiti; il suo stile sexy e fluido, è perfetto per il jet set internazionale dell’epoca. Newsweek non esita a definirlo il primo stilista d’America. In questo progetto è sostenuto dal generoso finanziamento di Estelle Marsh, miliardaria di Amarillo in Texas. Halston apre la sua prima boutique a New York in Madison Avenue nel 1968, e lancia la sua prima linea di ready to wear l’anno successivo. Halston sviluppa capi che già si erano affermati negli anni Sessanta, concentrandosi su confort e praticità. Disegna abiti-camicia e abiti in chiffon senza bretelle, semplifica la moda eliminando tutto ciò che non è funzionale. I suoi abiti donano a tutte le donne e non tardano ad affermarsi. Geniale la sua intuizione di segnare i capi con una taglia più piccola di quella reale. Amiche e clienti divengono le donne più affascinanti del mondo; le celebrities lo adorano: Liza Minnelli, Martha Graham, Elisabeth Taylor, Bianca Jagger e Lauren Bacall legano la loro immagine alla sua moda. Soprattutto sono le sue modelle, le halstonettes, a incarnarne lo stile: Marisa Berenson, Angelica Huston, Elsa Peretti, Naty Abascal, Pilar Crespi e Pat Ast. Elsa Peretti diviene una delle sue più valide collaboratrici disegnandone gioielli, cinture e soprattutto la boccetta del suo primo profumo. Una piccola scultura a forma di lacrima, un gioiello talmente riconoscibile da non aver bisogno di alcun nome inciso. Elsa Peretti interpreta perfettamente lo stile asciutto di Halston, che costruiva la sua moda eliminando fiocchi, bottoni, zip inutili preferendogli drappeggi, tagli asimmetrici e in sbieco per abiti tubolari e senza cuciture. Gli abiti di Halston sono sofisticati e raffinati quanto puliti e facili da indossare; donano a qualunque tipo di donna, rendendone la figura snella ed elegante. Una lezione di semplicità mutuata sull’esempio di Madeleine Vionnet ma resa totalmente moderna dai materiali che Halston impiega e da quel tocco sexy e mai volgare che lo caratterizzava.Tessuti fluidi e scivolanti, jersey, seta, maglia di cachemire in colori decisi come fucsia, rosso, blu elettrico, borgogna e tutte le tonalità della terra bruciata. I tessuti risplendono dei riflessi metallici del lurex oro, argento e bronzo; le stampe sono lineari, con insoliti e nuovi effetti tye and dye. Nell’autunno del 1972 presenta una serie di semplici abiti chemisier in “ultrasuede”, un camoscio sintetico facilmente lavabile e di lunga durata. Un materiale che si affermerà come quelli più caratterizzanti del decennio. Simbolo della nuova moda americana e dello stile di vita moderno cui è improntata.Due anni più tardi lancia quello che diviene il suo modello più conosciuto, probabilmente il capo più rappresentativo della moda dell’epoca insieme ai pantaloni a zampa d’elefante: l’abito “all’americana”, allacciato dietro il collo con schiena e braccia nude. Un capo dalla silhouette snella e allungata, che s’impone sui dancefloor delle discoteche americane e nelle copertine delle riviste patinate. Grandi occhiali marchiati Halston, indossati sia di giorno sia di notte, completano il look.Nel 1978 il Time gli dedica la copertina col titolo di “American Chic in Fashion”, nello stesso anno sposta il suo quartier generale nell’Olimpic Tower sulla Fifth Avenue, simbolo di un successo internazionale mai raggiunto prima da uno stilista statunitense. Ad allestire le vetrine c’è il geniale Juan Ramos, partner creativo di Antonio Lopez; a collaborare alla creazione il leggendario Charles James. La prima collezione presentata nel nuovo spazio racchiude il meglio dello stile Halston, ad applaudirlo in prima fila le sue icone Lisa Minnelli ed Elisabeth Taylor.Purtroppo tanto fu grande il successo di Halston quanto repentino ne sarà il tramonto. Attraverso un accordo di licenza con JC Penney, Halston vara nel 1983 una linea di prezzo basso per portare la sua moda anche a donne con minori possibilità di spesa. I tempi però non sono maturi e l’operazione è vista come un declassamento del marchio.Bergdorf Goodman smette di vendere la Halston Limited Edition appena è annunciato il lancio della linea low cost Halston III. L’operazione non decollerà mai veramente ed è un vero e proprio fallimento. Il crescente uso di droghe e la vita smodata condotta cominciano a tradursi in continui ritardi nelle scadenze e, avendo ceduto il proprio marchio alla Norton Simon Inc. già nel 1973, nel 1984 è estromesso dalla sua stessa azienda, perdendo anche il diritto di produrre e vendere abiti col proprio nome. Continua a realizzare abiti su misura e costumi per le sue amiche celebri, come Lisa Minnelli, ma non riesce a ritrovare il successo perduto. Nel 1990 si spegne per cancro ai polmoni e complicazioni dell’A.I.D.S. a San Francisco, in California.