ROBERTO CAPUCCI, LO SCULTORE DI TESSUTI
Roberto Capucci, creatore di assoluti capolavori, è considerato uno vero e proprio artista la cui materia è il tessuto. Universalmente riconosciuto come uno dei più grandi designer del Ventesimo Secolo, ha vestito grandi celebrità del cinema, del teatro e l’alta società italiana e internazionale; tra i suoi abiti più famosi c’è quello creato per Rita Levi Montalcini in occasione del conferimento del Premio Nobel per la Medicina nel 1986.
Roberto Capucci nasce a Roma, il 2 dicembre del 1930. I suoi studi li svolge presso il Liceo Artistico prima e l’Accademia di Belle Arti poi. Nel 1950, giovanissimo apre il suo primo atelier in via Sistina, nel 1951 Giovan Battista Giorgini, intuite le straordinarie capacità del giovane creatore, ne patrocina il debutto in via ufficiosa alla prima edizione delle sfilate collettive della Sala Bianca di Palazzo Pitti, facendogli realizzare gli abiti per sua moglie e sua figlia; aggirando così le ostilità degli altri già affermati stilisti italiani. Il talento del giovane Capucci è però troppo evidente perché sia ostacolato, Dior, quando ha soli ventisei anni, in una sua intervista rilasciata a Vogue lo definisce il miglior creatore di moda italiano. Le sue creazioni sono originali e innovative tanto quanto raffinate e di classe, è di questo periodo il celeberrimo abito “dieci gonne”, dove appare già evidente la particolare predisposizione del Couturier romano per la complicazione della forma e l’altissima perizia sartoriale della costruzione.
Roberto Capucci porta avanti una personale ricerca di forme e lavorazioni, che spingono la capacità sartoriale oltre i limiti imposti dal corpo e dalla stessa gravità: nel 1958 lancia la “Linea a scatola“, una vera e propria rivoluzione anche dal punto di vista tecnico delle lavorazioni, oltre che una novità stilistica assoluta: il volume squadrato, che prescinde dal sostegno del corpo, è ottenuto con un particolare processo di costruzione, in cui le cuciture sono “ribattute” all’esterno una seconda volta così da creare una “costa” di sostegno, e con una lavorazione interna di supporto del tessuto che diviene una delle cifre stilistiche di Capucci. La Linea a scatola è vista con sospetto dalla stampa italiana, ma il successo che questa riscuote presso quella estera la dovrà far ricredere. La Linea a scatola diviene un segno caratteristico di Capucci che la evolverà negli anni: la ritroviamo in alcune maniche e gonne, così come nella straordinaria serie degli abiti “Bottiglia”.
Capucci in virtù dei suoi virtuosismi miete continui riconoscimenti: nel 1958 è premiato a Boston, insieme a Pierre Cardin e James Galanos, con l’Oscar della Moda Filene’s Young Talent Design Award; nel 1961 è accolto con entusiasmo nel calendario delle sfilate parigine della Chambre Syndacale de la Mode. Nel 1962, a seguito del grande successo riscosso con le sue presentazioni francesi, apre un atelier a Rue Cambon a Parigi, la critica lo acclama ed è il primo stilista italiano a firmare un suo profumo.
Dopo gli entusiasmanti successi parigini, Capucci decide, però, di ritornare definitivamente in Italia, a Roma dove apre il mitico atelier di via Gregoriana, da allora strada icona della couture romana. Roberto Capucci nel 1968 ritorna a presentare le sue collezioni nell’ambito del calendario della moda organizzato dalla Camera nazionale dell’Alta Moda; talento esuberante ed eclettico nello stesso anno disegna i costumi per il film Teorema di Pier Paolo Pasolini, che sono indossati da Silvana Mangano e Terence Stamp.
Il 1970 vede il debutto di una nuova tendenza nella moda di Capucci: inizia la sua fascinazione per l’arte e il progressivo distacco per i rituali stantii della moda; sfila nel ninfeo del Museo di Arte Etrusca di Villa Giulia, la collezione è di totale rottura con la tradizione, le modelle calzano stivali col tacco basso e sono senza trucco, con i capelli al naturale. In questo periodo Capucci comincia la sua sperimentazione materica, inserendo nelle collezioni nuovi elementi rigidi e strutturali; accanto ai tessuti pregiati accosta la materia povera, appaiono materiali insoliti e inusitati per l’Alta Moda. Sassi, juta, paglia, giunco sono montati da Roberto Capucci insieme a Georgette e Gazar dai colori freddi e naturali, in un’ideale linea di collegamento con gli artisti materici dell’Arte Povera; sebbene nelle scelte del Sarto romano ci sia l’indulgere verso il decorativismo, che in quelli manca totalmente. Uno degli elementi che insorge in questo periodo, e che rappresenta l’elemento chiave di una nuova fase nella produzione di Roberto Capucci è l’apparizione degli “abiti scultura”, il cui prototipo è l’abito “Colonna”.
L’abito, ispirato alla colonna dorica, è un elemento di rottura totale con la tradizione sartoriale: la donna che lo indossa non è la destinataria della creazione, è il mero testimone di un simbolo della storia dell’Arte nei secoli. Il richiamo ai primi studi, di quando era allievo di artisti del calibro di Mazzacurati, Avenali, de Libero comincia a farsi forte nello spirito creativo di Capucci, che si sente sempre più attratto dall’arte che dalle convenzionalità della moda.
Nel 1980 Robero Capucci si dimette dalla Camera Nazionale della Moda, decide di presentare le sue creazioni senza scadenze e fuori dai calendari, come fossero personali d’artista. Sperimenta nuovi luoghi per le sue presentazioni, all’interno della Città Eterna che sente pronta ad accoglierlo.
All’inizio il pubblico abituale di Capucci osteggia e boicotta queste iniziative, ma la stampa è costretta a registrarne le performance, così straordinarie e sorprendenti rispetto il contesto della Moda Italiana. Ne suoi abiti riecheggiano i più alti momenti della Storia dell’Arte Italiana, le orgogliose architetture del Rinascimento si sposano alle sperimentazioni pittoriche delle avanguardie del primo Novecento.
Nel 1989 sfila alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, ufficializzando il suo ruolo di Artista del Tessuto in senso totale. Parte da questo momento una stagione di mostre presso istituzioni museali internazionali che ufficializza questo status e lo fa riconoscere pienamente anche nel mondo dell’arte.
La stagione espositiva comincia nel 1990 con la mostra Roberto Capucci, l’Arte nella Moda-Volume, Colore e Metodo a Palazzo Strozzi a Firenze; tanto il pubblico quanto la critica accoglie la mostra con grandi elogi, il successo è ripetuto anche nelle sedi straniere del Kunsthistorihsches Museum di Vienna, Il Museum of Art di Philadelphia, la Reggia di Venaria Reale a Torino. In occasione delle celebrazioni del Centenario dell’Esposizione Internazionale delle Arti Visive, la Biennale di Venezia invita Roberto Capucci a parteciparvi con le sue opere. Capucci realizza dodici “Architetture in Tessuto“, che sono esposte nel Padiglione Italia, e che poi fanno il giro del mondo.
Oramai il vecchio ciclo di Roberto Capucci, straordinario couturier, è chiuso e se ne apre uno nuovo: quello che lo vede ambasciatore e simbolo della creatività italiana nel mondo. Il suo straordinario gusto e la sua inventiva visionaria esaltano le capacità artigianali delle maestranze italiane in un tripudio di bellezza assoluta, che letteralmente affascina chiunque ammiri i suoi capolavori fatti di plissè cangianti e infiniti ricami multicolori.
Nel 2005 Roberto Capucci decide di prodigarsi nella valorizzazione del patrimonio culturale italiano e di divulgare la sua personale esperienza; è costituita la Fondazione Roberto Capucci con la finalità di promuovere la conoscenza del suo lavoro, affinché divenga strumento di formazione e di crescita per la cultura e le idee nella moda, nel design e nell’alto artigianato.
La Fondazione luogo di studio, è anche piattaforma di selezione e lancio di giovani talenti oltre che d’incontro e culla di nuove creatività. Concorsi e competizioni in collaborazione con Vogue Italia e Palazzo Morando di Milano premiano i giovani talenti di domani selezionati e giudicati dal grande artista della moda.
Negli ultimi anni Capucci si è riavvicinato alla moda, patrocinando il rilancio del suo nome nel Pret-a-porter in collaborazione con giovani designer e un nuovo gruppo d’investitori, sebbene le prime presentazioni abbiano suscitato notevoli critiche positive, per il tratto molto sperimentale che mantiene la linea, ancora non si registra un rimarchevole successo commerciale o di pubblico.
copyright photo Fondazione Capucci & Archivio Vogue