FERNANDA GATTINONI, L’ELEGANZA DELLA SEMPLICITA’
Fernanda Gattinoni era dotata di un’estrema raffinatezza che la rendeva in grado di disegnare abiti semplici ma perfetti. Abiti che, nonostante le sete, gli strascichi e i ricami che li impreziosivano non prevaricavano mai la donna che li indossava.
Fernanda Gattinoni nasce in provincia di Varese, ma si trasferisce negli anni Venti a Londra. Qui, grazie al suo innato talento, a solo diciannove anni comincia a lavorare presso l’atelier Molineaux, dove perfeziona il suo interesse per il disegno di capi d’alta moda. Inviata all’inizio degli anni Trenta a Parigi, per presentare gli abiti di Molineaux all’attrice Ina Claire, vi conosce Coco Chanel. La Stilista francese intuisce le potenzialità di Fernanda e le chiede di collaborare con la sua Maison. Fernanda segue il cuore e dopo poco torna in Italia, a Milano precisamente, dove comincia a lavorare nella Sartoria Ventura, di cui diviene la direttrice stilistica. Dopo solo quattro anni la Sartoria Ventura decide di aprire una sede a Roma e di affidarla a Fernanda. In quel periodo Fernanda Gattinoni si fa notare risolvendo quello che è “il dramma sartoriale” più famoso della storia della moda italiana: appena prima dell’inizio della cerimonia religiosa nella Basilica di San Pietro, sostituisce le maniche in pizzo dell’abito di Maria Josè, troppo trasparenti per il protocollo, con un paio di lunghi guanti di capretto bianco. L’etichetta è salva e anche lo stile della futura Regina d’Italia. Durante il lavoro svolto per la Sartoria Ventura a Roma, Fernanda conosce Isa Miranda, un incontro che si rivela decisivo. L’attrice le chiede di disegnare i vestiti per l’intero cast del suo film Hotel Imperial, del 1939. Un enorme successo che la porta a ripetere l’operazione per il film Avventura Diamond, l’anno successivo. Fernanda Gattinoni decide così di aprire un suo atelier, a Porta del Popolo.
In quegli anni le arti erano legate tra loro e nella sua sartoria si recano le personalità artistiche più disparate: Visconti, Zeffirelli e molti altri. Il primo abito creato sotto la sua etichetta è un tailleur di velluto verde per l’attrice Carla Calamai, un monumento del cinema italiano. La fama di Fernanda Gattinoni cresce e la porta ad aprire un secondo atelier; uno spazio amplissimo con numerose lavoranti, un luogo di creatività e operosità che rispecchia il clima di rinascita economica e culturale che vive l’Italia.
Nell’Atelier aveva circa venticinque ricamatrici che lavoravano a tempo pieno per realizzare gli ambitissimi abiti da sposa; le sorelle dello Shah di Persia si sposano tutte con abiti realizzati da queste mani fatate, sotto la guida della loro “Madame Fernanda”, come veniva da tempo chiamata. All’ideazione degli abiti collaborano i più prestigiosi disegnatori dell’epoca, sempre sotto la rigorosa egida di Madame.
Fernanda è sempre di più coinvolta con l’ambiente teatrale e cinematografico che anima la Capitale, collabora con i grandi registi dell’epoca e veste attrici del calibro di Anna Magnani, Ava Gardner, Ingrid Bergman.Tutte le attrici di grido volevano un suo abito, dalla sartoria esce una serie infinita di abiti da sogno e d’Alta Moda, con i bustini attillati, le vite segnate e le gonne a ruota, ricchi ma contraddistinti da una loro eleganza senza tempo.
Fernanda Gattinoni è considerata tra le prime costumiste del cinema italiano, a lei è chiesto, in collaborazione con Maria de Matteis, di realizzare i costumi per Audrey Hepburn per il colossal Guerra e Pace, che le vale la nomination all’Oscar per i costumi.
Ispirandosi a questi costumi, realizzerà negli anni Sessanta una collezione in stile Impero che ne decreta la definitiva ascesa nel gotha della moda internazionale e ne ridefinisce lo stile personale. L’attività dell’Atelier continua diventando un punto di riferimento per la clientela dell’Alta Moda, presso la clientela araba è trattata da regina e non c’è evento o cerimonia senza un suo abito. Dalla metà degli anni Ottanta, subentra a collaborare nella direzione artistica il figlio Raniero. Raniero, dotato di talento e innata creatività, porta avanti la tradizione della sartoria reinventando e attualizzando lo stile e l’etichetta. È definito lo “stilista del sogno” perché ama trasferire i suoi sogni e le sue visioni nei lavori dell’atelier con collezioni ora geometriche, ora ornate, animate da piccole fiammiferaie, belle addormentate nel bosco e Alice nel paese delle Meraviglie. Purtroppo scompare prematuramente; Fernanda resta, instancabile, a supervisionare il lavoro stilistico della Sartoria. Una lavoratrice attenta e inflessibile, il cui operato è stato riconosciuto attraverso onorificenze e premi. Si spegne all’età di novantasei anni, dopo un’intera vita spesa a realizzare abiti meravigliosi, nella sua casa romana.