MARIO VALENTINO, LO “SCARPARO” INTERNAZIONALE
Mario Valentino, come azienda, nasce ufficialmente nel 1952 ma già nei primi del Novecento a Napoli erano realizzate prestigiose calzature col marchio Valentino.
Capostipite della dinastia è, infatti, Vincenzo, bravissimo e apprezzatissimo artigiano che vanta tra i suoi clienti lo stesso Re Vittorio Emanuele III di Savoia! Vincenzo sogna per i propri figli, Mario e Vincenzo una carriera prestigiosa basata sugli studi: Enzo coronerà la sua brillante carriera scolastica prima e universitaria poi, arrivando alla cattedra di Medicina Nucleare all’Università di Roma; Mario, dal canto suo, pur avendo frequentato il prestigioso Collegio Vittorio Emanuele di Piazza Dante, seguirà il proprio istinto che lo porterà a divenire il più famoso calzolaio del mondo.Conseguita la maturità classica, Mario, animato dallo stesso spirito creativo e imprenditoriale del padre, comincia a girare l’Italia per acquistare pregiati pellami da rivendere a Napoli. Giunge la chiamata alle Armi e Mario diventa ufficiale dell’Autocentro. Questa sezione ha molti camion e Mario sfrutta la situazione a proprio favore, impiegandoli anche per la sua parallela attività di trasporto del cuoio. Terminato il periodo di leva, si ritrova così con una discreta somma che decide di investire in una prima fabbrichetta a Materdei, quartiere da sempre famoso per la presenza di artigiani della pelle, maestri delle calzature, borse e guanti di prestigio.Parte con un gruppetto di tre operai, ma presto diventano cinquanta: Mario è motivato e animato dalla volontà di riportare la calzatura napoletana ai livelli di prima della Guerra. Basta scarpe con le suole di cartone, si ricomincia a fare sul serio. Le sue scarpe su misura sono bellissime, leggere ed eleganti e soprattutto costose: sino a 150 lire, un capitale.Rispondono alla richiesta del mercato, stanco di autarchia e finte calze disegnate col lapis sulle gambe. Sono gli anni dei grandi investimenti americani in Italia, secondo il piano Marshall, che porteranno al nuovo benessere e faranno rivalutare la moda italiana e sorgere il made in Italy. Il mondo vuole sognare e chiede lusso, in Francia scoppia il new look di Dior, gli americani prima lo osteggiano ma poi lo adottano quale stile dell’epoca. Di questo rinnovato bisogno di ricchezza e opulenza Mario Valentino si fa paladino per quello che riguarda le scarpe, congiungendovi sperimentazione e innovazione. Dona alla donna, che conquista una nuova libertà e consapevolezza, la calzatura sportiva per eccellenza: il mocassino. Al tempo stesso la donna riscopre il lato romantico e sensuale che la guerra le aveva negato, e Mario Valentino inventa per lei il tacco a spillo, epitome e feticcio della sensualità al femminile. Il brillante artigiano e imprenditore partenopeo scova nei riferimenti culturali tipici della cultura i motivi delle sue creazioni, su tutte spicca il celebre sandalo corallo.Ispirato dalle opere dei maestri corallai di Torre del Greco, realizza un modello dirompente per la sua modernità e opulenza al tempo stesso: tre file di sfere di corallo ornano una semplice suola di cuoio, lasciando il piede seminudo. Solo la grande perizia e capacità artigianale dei suoi operai potevano risolvere le difficoltà tecniche che un tale modello all’epoca ponevano. Il sandalo gioiello è un enorme successo, si guadagna la copertina di Vogue France nel 1956, ed è tutt’oggi esposta al Museo della calzatura di Bally di Schoenewerd in Svizzera come la calzatura che rappresenta il Novecento, accanto a quelle indossate dalla Regina Elisabetta il giorno delle nozze. L’eco di un tale successo arriva sino in America, Mario Valentino è contattato dalla Miller, l’unica azienda che all’epoca importava scarpe di lusso negli Stati Uniti. L’America lo reclama, e lui è a un passo dal divenirne cittadino, Miller gli offre un assegno in bianco purché resti a New York. Mario trova New York fredda e difficile, diniega l’offerta preferendo fare il pendolare tra l’Italia e l’America, instaurando un fortunatissimo rapporto commerciale che dura sei anni. L’azienda cresce ma resta sempre nello stesso storico luogo, incastonata tra Materdei e Sanità, altro quartiere storico di Napoli.
Il quartiere della Sanità è noto sin dai tempi della fondazione greca quale luogo degli ipogei poi divenuti catacombe paleocristiane. Il quartiere ebbe un suo momento di gloria in pieno Seicento, ne sono testimonianze gli importanti palazzi tra i più belli d’Europa, ma dopo l’invasione napoleonica e il decennio di dominazione francese comincia un lento declino. Giunge al dopoguerra come un quartiere popolare, malfamato ma ricco di umanità e verace estro napoletano: basta dire che vi nacque Totó.
Mario non abbandona i suoi luoghi, riconosce nei suoi artigiani la propria forza e li ricambia dando loro la sicurezza del lavoro.La fabbrica cresce e si espande, s’innova negli anni rappresentando per il quartiere una solida realtà di riferimento; in questo Mario Valentino si dimostra anche un lungimirante esempio d’imprenditorialità sociale. Il successo delle esportazioni americane fa crescere gli affari e con essi l’azienda che diventa una fabbrica moderna, tutta vetro e alluminio con i vari piani dedicati alle differenti produzioni e dove le calzature e le borse da manufatto artigianale diventano prodotto industriale, mantenendo le originarie caratteristiche di creatività e qualità.Il novantacinque per cento della produzione è destinato all’estero, dove quello di Mario Valentino è oramai un marchio di prestigio. I suoi clienti più prestigiosi sono Farah Diba, Jacqueline Kennedy Onassis, Consuelo Crespi, Maria Callas, Liz Taylor, Catherine Deneuve, Catherine Spaak, le gemelle Kessler, Monica Vitti, Ornella Vanoni, Ilaria Occhini, Laura Efrikian, Stefania Sandrelli e Marcello Mastroianni. Alle calzature si affianca l’abbigliamento nel 1977, tutto rigorosamente in pelle, realizzato in un secondo stabilimento ad Agnano.La pelle trattata come tessuto, questo il mandato, il principio base della linea moda Mario Valentino. Nappe morbidissime, camosci dai colori brillanti sono tagliati, sfrangiati, intrecciati e cuciti secondo le fogge di moda, aprendo un nuovo mondo all’utilizzo di tale materiale. Nasce in questi anni la linea di borse Capri, che ha un’espansione straordinaria, tra le più vendute mai al mondo.Se Mario guida l’azienda e resta a curare personalmente i campionari di scarpe, arrivando a portarsi in vacanza a Ischia le sue maestranze storiche e realizzando i prototipi a bordo piscina, nell’abbigliamento lo affianca la moglie: Bianca Giannoni. La signora Bianca, com’è da tutti chiamata, cura la collezione e la qualità del manufatto, è lei a interloquire con i grandi stilisti che dagli inizi degli anni Ottanta verranno a Napoli per collaborare in azienda.Sono gli anni in cui un esordiente Giorgio Armani studia gli abbinamenti dei camosci da ridurre a sottili fettucce da tessere su una catena di seta, realizzando insoliti tweed di pelle. Gli stessi anni che vedono un giovane Gianni Versace imporre il suo estro per i colori azzardati disegnando i tailleur di nappa dalle spalle enfatizzate della Mario Valentino. Le collaborazioni si susseguono, il nome maggiormente in auge è chiamato a Napoli a rendere il suo contributo: Claude Montana, che disegna futuristici stivaletti dal gambale a tubo di stufa e poi Karl Lagerfeld che impone lo stile grafico del bianco e nero in versione marinara chic.Una valanga di creatività e qualità che arriva sulle passerelle della settimana milanese della moda, puntuale ogni sei mesi a imporre il nuovo stile in fatto di capi di pelle.Intorno alla Mario Valentino gira un vortice di esuberante esaltazione dell’originalità, il logo è imposto ovunque e nemmeno le più accese battaglie legali, intentategli da Valentino Garavani e il suo socio Giammetti, potranno arrestarlo: il “Valentino” della moda, almeno quella della calzatura, è lui e basta! Questa incessante corsa all’innovazione, alla creatività trovavano il contraltare nella passione di Mario Valentino per l’arte.
In quel periodo Napoli è gemellata con New York e vive un momento irripetibile grazie allafigura del geniale gallerista Lucio Amelio. Amelio nella sua galleria di P.zza Dei Martiri porta i grandi nomi dell’arte internazionale e americana: Mapplethorpe, Wharol, Keith Haring sono di casa.
Mario Valentino diviene così tra i più importanti collezionisti italiani, ma va oltre commissionando a tali artisti le sue campagne pubblicitarie. Wharol non si limita a ritrarlo, realizza una famosa serie di quadri di sue calzature serigrafandoli con polvere di diamanti.
La moda di Mario Valentino, con la sua immagine di donna forte, sensuale e piena di gioia di vivere è comunicata attraverso foto che sono entrate nell’immaginario collettivo. Se Charles Jourdan lega il proprio stile alla patinata fotografia di Guy Bourdin, l’iconografia di Mario Valentino è indissolubilmente quella del più erotico dei fotografi: Helmut Newton.Le modelle icone degli anni Settanta e Ottanta, come Veruska o Naomi Campbell, sono fotografate da Newton in pose esplicite, ritratte come moderne e spietate virago vestite di soli stivali o decolté rigorosamente a tacco a spillo.Sebbene Mario Valentino amasse definirsi “uno scarparo internazionale” era un uomo di rara sensibilità, sempre concentrato sul lavoro e sulla sua passione: le scarpe; tanto da portarlo a osservare persino nelle sale d’attesa degli aeroporti le calzature dei viaggiatori per intuirne la vita, il carattere. Il poco tempo libero era dedicato alla lettura e all’arte, oltre che alla famiglia. Famiglia che volle accanto a sé nella conduzione del suo impero, giunto sino ai cento miliardi di fatturato annuo; oltre alla moglie Bianca si aggiungeranno nel tempo i figli Vincenzo, Gianni e Fortuna, ognuno dislocato su di un settore secondo le loro naturali attitudini.Sebbene Mario Valentino non abbia mai voluto definirsi un’industriale, spaziò anche in numerose altre attività dai trasporti aerei all’editoria, dai profumi all’esportazione di motoscafi in Giappone. Nominato Cavaliere del Lavoro entrò a far parte dell’élite dell’imprenditoria, ricoprendo la carica di vicepresidente dell’Unione Industriale di Napoli. Mario Valentino non fu solo un geniale creativo e un lungimirante imprenditore, ma come spesso capita per i grandi uomini di Napoli, fu anche un filantropo e un benefattore. Affiancato dal fratello Vincenzo, operativo in un centro di radiochirurgia dei tumori cerebrali, sarà sempre in prima fila con la sua attività di finanziatore di progetti di ricerca.Mario Valentino si spense nei primi anni Novanta a Napoli, l’azienda fu ereditata dai figli. Le fila sono guidate all’inizio dalla Sig.ra Bianca che si erge quale figura di riferimento tra i figli, ma ben presto, Gianni e Fortuna preferiranno proseguire le loro carriere personali. Resta a condurre l’azienda, il primogenito Vincenzo che traghetta l’azienda attraverso le difficili acque della prima crisi dei mercati orientali, che mieterà numerose vittime nel panorama moda italiano, Il nome ne esce notevolmente ridimensionato, ma sopravvive. Oggi ad affiancarlo ci sono i figli, la quarta generazione di Valentino, in un rinnovato interesse per la qualità e la creatività tutta partenopea che la Mario Valentino ha rappresentato nel mondo della Moda.